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  Roma: Arco di Costantino - 50x40 - 2001
  Roma: Arco di Costantino - 50x40 - 2001

L'opera di Goffredo Godi è segnata dal rigore di un lavoro silenzioso e appartato, dalla volontà di scoprire nuovi spunti creativi nel cuore di luoghi non soltanto rappresentati, ma riscoperti e «vissuti» grazie alla severa costanza della pittura.
  La pittura di Godi si basa infatti sulla forza discreta della sua apparente inattualità, sulla sua dichiarata adesione a canoni stilistici che appartengono ad un passato glorioso a cui l'artista ha saputo tuttavia donare un senso assolutamente personale, una qualità che unisce la tradizione secolare del paesaggio alla presenza fisica di un colore trattato e steso sul supporto attraverso codici che riescono a saldare Cézanne ad un certo informale senza perdere la loro peculiare e autonoma essenza di ricerca sulla luce.

 
Vaso con fiori - 60x40 - 2005  
Vaso con fiori - 60x40 - 2005  

Godi, allora, nel suo rigoroso e costante lavoro en plein air riesce a studiare con attenzione analitica le variazioni e le modulazioni che segnano proprio il rapporto tra luce e paesaggio, tra le forme naturali, le architetture e i segni dell'uomo. Il mare e le case di Procida, gli alberi e i palazzi di Roma sono trasferiti quindi dal semplice contesto della veduta per divenire immersione nella «realtà» e oggetto di rappresentazione, in una trascrizione severa del luogo e dell'ora che tocca un'indagine approfondita sulla materia cromatica. Il colore, in questo modo, si trasforma in un medium che lega la percezione alla memoria per riscoprire frammenti temporali e spazi altrimenti perduti, che fa riemergere alla coscienza immagini e bagliori del passato che usano il paesaggio come pretesto per suscitare flussi mnemonici, per riattivare sensazioni e ricordi che l'arte ha il potere di ricostruire ed evocare.

 
Il Quirinale - 90x70 - 2006  
Il Quirinale - 90x70 - 2006  
   
Il Parco di Verderocca - 120x100 - 2006  
Il Parco di Verderocca - 120x100 - 2006

Del resto, il pittore è molto più consapevole di quanto non voglia far sembrare: in questo modo, da allievo di un maestro dell’avanguardia come Emilio Notte, e grazie anche a quel «decennio di esperienza astratta assai importante per l’acquisizione di un linguaggio sintetico e costruttivo» , ricordato da Carlo Fabrizio Carli, il pittore riesce ad innestare elementi eterogenei e sperimentali in un genere come il paesaggio, capace di essere sempre uno strumento straordinario per le mutazioni dei linguaggi e per le metamorfosi dello stile. Il maestro, non a caso, infonde una connotazione “linguistica” alla sua ricostruzione pittorica, alla conformazione delle sue vegetazioni e delle sue rocce, che il pittore riproduce sulla tela in modo non lenticolare e descrittivo, ma costruendo la parafrasi plausibile e riconoscibile del loro impatto sullo sguardo. Godi lavora come se volesse tracciare i vocaboli di un alfabeto sconosciuto eppure comprensibile, i fonemi di una lingua che riesce ad essere familiare pur manifestandosi come nuova al nostro ascolto attraverso la grammatica di quei segni che, come ha scritto Gino Agnese, «allontanano l’artista dal comune naturalismo pittorico e, oltrechè indicare la tensione alla sintesi, costituiscono (…) una risposta impulsiva alla difficoltà di strappare alla natura i suoi segreti» . Questa natura ci appare dunque interpretata e trasformata dalla rivelazione della sua essenza profonda, rielaborata dai codici figurativi di una tecnica che trova sempre un nuovo significato nella sua forza metaforica, nella possibilità di scoprire nuovi nessi della visione e degli stati d’animo che attraversano e influenzano il panorama, spesso trascurato o disatteso, della nostra quotidianità.

 

Il lungo percorso di Goffredo Godi può così dipanare un ininterrotto viaggio iconico e memoriale, sospeso tra le reminiscenze del passato e le certezze del presente, un filo fatto di nuvole e di riflessi sul mare, di architetture e di figure, di cespugli e di montagne che formano il mosaico difforme costruito dagli attimi trascorsi e dalle forme, spesso transitorie, che possono alludere ai passaggi infiniti e alle trasformazioni impercettibili e costanti che accompagnano la nostra vita.

  

Lorenzo Canova

 
 
Roma: Il Vittoriano - 50x40 - 2001
Roma: Il Vittoriano - 50x40 - 2001
 
Roma: Foro Romano - 50x40 - 2001
Roma: Foro Romano - 50x40 - 2001
 
Roma: Il Laghetto di Villa Borghese - 50x40 - 1994
 Il Laghetto di Villa Borghese - 50x40 - 1994
 
I Giardini del Quirinale - 90x70 - 2006
Il Quirinale - 90x70 - 2006
 
Carlo Fabrizio Carli - 30x40 - 2006
Carlo Fabrizio Carli - 30x40 - 2006
 

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