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Godi dipinge le realtà già degradate delle periferie urbane, ma accanto a questi luoghi pregni di abbandono e di squallore fioriscono anche singolari paesaggi, robuste maternità; e poi ritratti, piazze, scorci inconsueti, come quei depositi di automobili destinate alla rottamazione che affascinarono anche Guttuso.




In breve, Godi elaborava e riduceva in seno alla tavolozza tutto ciò che abitualmente cade sotto l'occhio di un pittore innamorato del "vero", ma osservando le cose, gli spazi e le persone, unicamente in rapporto al problema dell'oggetto in pittura, e cioè alle masse, alle campiture, ai rapporti tonali, alla luce. Ma forse la caratteristica della pittura di Godi, che fu definito a torto "pittore della realtà", sta proprio nel suo distacco dalla realtà, nel suo vivere il problema della forma in una sorta di sospensione del giudizio, o come direbbero i filosofi in una condizione di "epochè". Come se la realtà del mondo esterno fosse solo una pellicola sottile.




Quella di una tavolozza tormentata allo spasimo da una personalità introversa, umile, eccessivamente preoccupata degli esiti del suo fare.

Riccardo Notte




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