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Questa lezione, che mai più abbandonò, si ritrova nei paesaggi di recente
produzione: sovente essi raffigurano scorci metropolitani privati della presenza
umana ma non dei suoi moderni manufatti, che anzi tornano
a sottolineare un mondo fatto di attese e di silenzi; quando si osservano i
cimiteri di automobili o i viali periferici di una città in disordinata
espansione dipinti da Godi, è difficile non pensare a Edward Hopper. E, come
Hopper, Godi cerca refrigerio nelle amene contrade, dove si reca, puntuale alla
stessa ora, per cogliere dal vero una rupe, o una sinfonia floreale o l'intrico
di una foresta, ma senza alcuna concessione ad un banale naturalismo. Il mistero della
natura non ha accessi; tra il linguaggio umano e la verità delle cose non
esistono ponti. Accade così che Godi, quasi inconsapevolmente, trasformi gli
elementi del paesaggio in un intrico di segni apparentemente significativi, in
realtà enigmatici, sottratti appunto ad una lettura precisa, codificata e
univoca, come vorrebbe lo spirito del mondo che domina la contemporaneità.
Riccardo Notte
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