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Potrebbe sembrare sottilmente ironica, ma è invece francescana e poetica l'umiltà di Goffredo Godi, questo pittore che è tra i migliori fioriti in Napoli dopo la guerra e che sceglie sempre di accomodarsi in terza, in quarta o in quinta fila quando invece, per i suoi paesaggi inondati di luce, per i suoi ritratti intensi di sentimento, per certi fiori felici di offrirsi alla sua tavolozza, gli toccherebbe il posto d'onore. Ma questo è Godi: un uomo che va con la sua piccola barca nel gran mare tempestoso dell'arte, bordeggiando le coste della tradizione, talvolta azzardando verso l'ignoto che è oltre l'orizzonte e mai invidiando i colleghi che, attraversando lo stesso mare, lo salutano impettiti dall'alto di questo o di quel transatlantico.

Godi ha insegnato per molti anni; eppure anche adesso, che ha passato i settant'anni, si considera uno studente delle Belle Arti, corso di pittura. Aspetta che sorga il sole, che spunti il giorno, per sperimentare i pensieri con i quali, dissentendo e consentendo, si è addormentato la sera. «E se correggo la prospettiva? Ma no, il quadro potrei lasciarlo cosi, perché è più che finito. Oppure, soltanto, potrei accentuare quel tono e ridurre quello scorcio. Sempre che il tempo non cambi, sempre che l'ombra non si estenda, sempre che una nuvola non mi tradisca» . Persino alcuni dei paesaggi più belli di Goffredo Godi - come quelli dipinti a Ischia, a Procida o sulla costa tirrenica a sud di Napoli - nacquero da incertezze e da conflitti. Ogni giorno è per Godi il primo giorno di scuola. Ed io, che non ho titoli per dare patenti, voglio però dire di aver conosciuto alcuni uomini di grande valore, nel proprio rispettivo campo, i quali pur vecchi si comportavano come studenti o erano assaliti da differenti opzioni, da opposte suggestioni intanto che ponevano mano all'opera. Per esempio, Giuseppe Prezzolini a cento anni sembrava ancora uno studente, preso com'era da dubbi e da curiosità, dalla premura di trovar riscontri e dal disappunto per un ricordo che gli sfuggiva; e la sua ultima casa in Lugano, via Motta 36, pareva l'alloggio d'un universitario. Ancóra: rammento ciò che scrisse Giovanni Artieri, giornalista insigne e tuttora, a 87 anni, prosatore felicissimo, riguardo allo sgomento che ogni volta lo aggredisce, benché per qualche soffio di tempo, quando è all'incipit e si trova dinanzi al foglio bianco.

Candide - Godi «coltiva il suo giardino» con estrema cura, con amore. Dipinge quasi sempre en plein air e ciò stupisce quanti, ritenendo che Godi copi la natura, ripetono pronti come scolaretti l'assunto che i romantici derivarono dai grandi greci: «Ma l'arte non è banale mimesi, l'arte è creazione, è invenzione. Che vale allora dipingere dal vero la Chiaiolella o il panorama di Furore, Villa Borghese o il Ponte Nomentano?» Ma Godi non copia; Godi cerca le «recondite armonie» , i ritmi segreti, le misteriose geometrie che la natura nasconde tra le fronde, nei profili delle montagne, nei volti; e, carpite queste ascose forme, le ripropone poi sulla tela secondo il suo criterio, secondo la sua pittura, che accoglie la grande lezione di Cézanne, mediata da Emilio Notte. Ma non è tutto. Nei migliori quadri di Godi, altre «recondite armonie» si aggiungono a quelle che l'artista ha strappato alla natura; e scoprirle dà soddisfazione allo spirito.

GINO AGNESE

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