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L'ATEMPORALITÀ DI PAESAGGI E GRUPPI DI FIGURE NEL MONDO «IN POSA» DI GODI.

ISCHIA e Procida in piena luce» non soltanto emergono sotto il sole di luglio nel mare aperto oltre il golfo, ma risaltano anche, nella stessa calura estiva, sulle tele di un pittore di grande istinto e di provata esperienza come Goffredo Godi. «In piena luce» , appunto, cespugli e scogli plasmati da grigi e bruni assolati, sono raccontati da una «scrittura» di colore apparentemente rapida e immediata ma in realtà fortemente indagatoria e frutto di lunghi tempi di osservazione. L'atemporalità dei paesaggi e dei gruppi di figure di Godi è determinata infatti dal persistere in una «pittura dal vero» che del «vero» non si accontenta di studiare le apparenze nella loro mutevolezza fenomenica ma si prefigge di insistere - per profonda e sincera convinzione - a ricercare l'intimo cequilibrio, il «ritmo» vitale racchiuso.

Un bel paesaggio, pertanto, può «far soffrire» , per il troppo freddo e il vento insistente o per il sole inesorabile delle coste mediterranee scelte ad oggetto d'indagine dal «vero» , ma si può anche amare fino ad immedesimarvisi. Così per mesi, da un punto di vista scelto ai piedi del penitenziario di Procida, il cavalletto di Goffredo Godi ancorato alla terra da sacchi di sabbia contro le insidie del vento ha amorevolmente insistito, col pennello sempre intriso di colore, a voler abbracciare in un unico grande sguardo il porticciolo della Corricella con le sue propaggini fino a punta Pizzaco con i suoi richiami coloristici fino all'imponente profilo retrostante dell'isola d'Ischia. «In posa» dunque il paesaggio così come le figure sono entrati nella «natura» non imitata ma ricostruita di questo pittore di formazione napoletana che fu allievo di Notte all'Accademia di Belle Arti di, Napoli alla fine degli Anni 40. È dunque una realtà luminosa, mai stanca, candidamente pulsante e senza deformazioni che tinge d'una sorta di quotidiano intimismo le piene luci dei suoi esterni, come dei più rari interni, fatti di presenze e di riverberi di colori prepotenti e nello stesso tempo disarmanti nella loro inequivocabile autenticità.

Il filo resistente della figurazione che dagli insegnamenti di Notte sembra risalire indietro -per Godi - dagli esempi di Crisconio a quelli di De Gregorio, ha trovato però nelle meditazioni cézanniane di una parte di questa tradizione forse la sua linfa più vitale. L'«impressionante naturalezza» di cui Godi è dotato e il suo «stile costruttivo en plein air non impressionistico ma fortemente strutturato, cézanniano» - che anche Dario Micacchi nel 1983 ha sottolineato presentandolo all'Accademia Pontano di Napoli - rivela però un qualcosa di particolarmente misterioso nel momento in cui la sua solarità senza ombre si fonde con una prospettiva curva, assurta a nuova forma simbolica dello spazio mediterraneo. Se ciò che l'occhio generalmente percepisce è uno spazio limitato e discontinuo, Godi cerca di raggiungere il difficile equilibrio d'una prospettiva sintetica rispondente alle immagini ed agli schemi mentali di uno sguardo non inquinato sulla natura.

Gaia Salvatori

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