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![]() La pittura di Goffredo Godi, napoletano ma romano d'adozione, offre lo spaccato di un'arte visivamente mediterranea. Questa pittura, solare e pastosamente etnica si esprime con un segno intensamente lirico, così che la visione originale si costruisce su più dimensioni. A questo punto non so se le coincidenze e le incidenze di scuole e di gruppi, lo possano nettamente inserire a Napoli o a Roma: la scuola napoletana si può richiamare per la sintesi cromatica, espressione d'una sua istintualità coloristica mutuata da Palizzi e da Gigante; ma anche la scuola romana degli anni cinquanta, quella frangia vicina a Domenico Purificato, è da ricordare nella lettura. Ci sono dipinti ispirati al mare, e poi una serie di spiaggie con il fascino costruttivo dei bagnanti in conversazione, e infine dei paesaggi. Frutto di una tecnica raffinatissima e di un'alta coscienza artigianale, la pittura di Godi si nutre di un complesso di interessi sociali il cui centro, come nella migliore tradizione umanistica, é l'uomo. Godi stabilisce un rapporto amorevole ed equilibrato con la natura e con gli individui, e ne fa nascere una pittura che trova il suo legame con la tradizione, con le radici di una cultura, nel suo realismo così immediato e accattivante, le ragioni della sua opposizione al mito dell'uomo dissociato. Ma il suo operare, la sua intera ricerca dal vero è anche inserita nei punti più vivi del dibattito europeo contemporaneo, in questo clima di neoromanticismo, in una operazione di chiarificazione e di superamento degli stalli in cui il cammino delle nuove tendenze si è venuto imbattendo. La poetica di Goffredo Godi è cresciuta così, squisita ed esuberante, fantasiosa e ricca, plastica e reale; intrisa di una coerenza e sorretta da una personalità e una cultura profondamente consapevole delle cose umane. Carlo Franza |
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