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Fin dalle prime esperienze hanno coesistito nella pittura di Goffredo Godi due anime: quella figurativa, «ufficiale» ; e quella astratta che l'artista riservava a delle ricerche tutte private. Di recente egli ha sentito la necessità di saldare queste due componenti in un discorso unitario che prende le mosse dalla grande lezione del futurismo italiano da Godi ben meditata e assimilata. Ciò che più interessa l'artista è ora la resa simultanea dei movimenti e delle azioni della folla, che acquistano una propria dimensione spazio-temporale tutta interna alle tele e diversa da quella della vita quotidiana. E spesso gli accenni appena schizzati a figure e corpi umani (tracciati con la rapida maestria del vero disegnatore) divengono pretesti per giochi di linee e di colori che acquistano una propria libera musicalità; mentre a volte l'artista usa il procedimento inverso, di ricostruire cioè sembianze di tratti e di volti partendo da disegni del tutto astratti.

Comunque è proprio là dove la inventiva si fa più accesa e il dato naturalìstico è pienamente superato nella metamorfosi del segno che le tele di Godi, grazie agli equilibri cromatici sempre freschi e cangianti usati dall'autore, raggiungono i loro risultati più compiuti.

Sergio Rossi


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