«... Uomo che non sa fingere nè simulare, ma aperto con ognuno
e largo, Goffredo Godi, in una società smaliziata come la nostra, appare come
persona, quasi unica, che porti nella coscienza una particolare disposizione
spirituale, ora aperta alla verifica della realtà, ora tesa alla comprensione
dei limiti umani, in se stesso riflessi e meditati, ora ancorata all'esaltante
esperienza della tecnica e della scienza. La sua umanità, quindi, e la sua umiltà
disarmanti confondono chiunque abbia la pretesa di giudicarlo dopo un solo incontro.
Perciò coloro che hanno con lui un sodalizio, fondato su sentimenti veri e su
rapporti di comune operosità, lo ammirano sino alla venerazione, mentre altri,
maliziosamente lo fraintendono. Ma Godi smentisce, senza volerlo, tutti costoro,
perché continua, indifferente al chiasso che lo circonda, il cammino lungo la
sua strada, immune da tormenti speculativi di origine intellettuale, ignaro
di ogni eccesso di ragione e di civiltà. E sbaglierebbe chi pensasse a un suo
atteggiamento sprezzante, a un suo isolamento voluttuoso o mistico, in quanto
Godi ama la vita, scruta la natura con occhio disincantato, cerca la compagnia
degli altri uomini con lo stato d'animo di chi ha spesso sofferto e gioito con
loro, ma che tra loro ha raggiunto un particolare stato di grazia così da poter
guardare tutte le cose con grande distacco di spazio, ma non di cuore. E quale
è l'uomo, tale è l'artista.
Perciò
non occorrono magie e alchimie per giudicare la pittura di Goffredo Godi, non
occorrono alambicchi e provette per scoprire le formule del moderno linguaggio
critico-scientifico onde definire le opere di questo maestro che, a volte, è
timido e impacciato come un alunno. I suoi disegni rivelano un'immediatezza
d'intuizione e una trasposizione d'immagini, scarnificate al massimo, rese felici
dal movimento rapido, dalla linea quasi sempre continua, dalle curve decise
e armoniche, dalla freschezza del tratto, che scopre la purezza sorgiva delle
idee, la perenne giovinezza del sentimento. I suoi quadri sono la proiezione
cromatica e lirica della sua personalità e della sua spiritualità. Le larghe
fasce di pittura, che coprono ampie superfici, denotano subito l'esperienza
dell'artista che ha semplificato al massimo il disegno, affidando al colore
la significazione di contenuto e di forma. I cieli larghi e dominanti, sottesi
alle figure o sospesi sui paesaggi, racchiusi in forme geometriche non del tutto
definite, luminosi per una magia interna del colore, per una intrinseca purezza
cristallina, che a Godi riesce naturale come la sua semplicità di uomo, sono
di un'efficacia immemorabile. I suoi prati, le campagne distese a zone, i suoi
monti, i paesaggi arroccati nell'armonia del colore, inventata piuttosto che
resa secondo la fedeltà ai canoni naturalistici, non sono rappresentazione
della realtà usuale, non riflettono cose già esistenti, ma risultano piuttosto
trasposizione e associazione di fermenti immaginativi e di sensibilità lirica.
Così anche la purezza e il lindore dei colori rendono distesi e limpidi l'acqua
di certi laghi che, incastonati tra le rocce, sembrano dissetanti all'occhio
dell'osservatore che è costretto ad avvicinarsi al quadro, attratto da un'inconsapevole
spinta del gusto. Infine ci si accorge che Godi, dopo aver assimilato correnti
di pensiero e di gusto, ha affinato e contemporaneamente allargato la sua cultura
e la sua conoscenza, già vasta, di evoluzioni e di movimenti artistici senza
disperdersi in minuziose analisi, giungendo anzi a una sintesi efficace ed effettiva,
ancor più riuscita, in quanto genuina e autonoma » .
ARCANGELO IZZO
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